Consultiamo la "Cucina borghese semplice ed economica" di Giovanni Vialardi, del 1863, prosecuzione, nove anni dopo, di un lavoro iniziato con il "Trattato di cucina pasticceria" in qualità di capo-cuoco e pasticcere di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II.
Qual è il posto del panino in una casa borghese?
Come a corte, è inserito negli hors d’oeuvres, negli antipasti, con una doppia denominazione inglese e francese sandwich e tartine: tartines di grasso in vari modi (Sanduvichs). Oltre che una nobilitazione, è un modo di tacere l’italiano panino considerato plebeo, anche nella dizione fiorentina di panino gravido, suggerendo di usare due termini peraltro incompatibili perché un sandwich non è una tartina. A questo si aggiunge una ortografia da strapazzo: Vialardi e il suo editore scrivono sanduvich e calapé (per canapé).
È un rompicapo linguistico che corrisponde ad un rompicapo gastronomico. Il piccolo pane tagliato a metà non ha voce né ricette anzitutto perché fuoresce dall’ordine delle vivande ed è reintrodotto negli antipasti, pur essendo consumato a mezzogiorno, e in secondo luogo accoglie di tutto e niente lo qualifica. Due “fettine di mollica di pane raffermo” ed in mezzo salame o lingua o avanzi di carne ecc. Variante: la fettina di mollica superiore viene fritta e poi riprende il proprio posto.
Questi i sandwich, le tartine invece possono mancare di una delle due fette di pane. Altra maniera: le pagnotte alla Parigina farcite al grasso e al magro: pani “grossi come uova, bianchissimi e con la crosta dorata”, si pratica un buco per svuotarli e si riempiono con intingoli di pollo o di vitello, lingua salata, tartufi, funghi, indivia … Si tappa il buco e si dispongono a piramide su un piatto da portata e si servono. La ricetta era già nel "Trattato di cucina pasticceria" e si consigliava di servirli al “déjeuner con un po’ d’insalata attorno”. Una incisione accompagnava la ricetta.
Il panino di lusso è prigioniero dei suoi ascendenti stranieri e di una imbandigione che lo minimizza, assegnandogli un posto all’inizio del pasto o in margine ad esso. La sua funzione nutritiva in carrozza, in diligenza e poi in treno, nelle cacce a cavallo, in giro per la campagna, lontano dall’abitato, è taciuta dal capo cuoco di corte che ne fa un artefatto da sala da pranzo tale da stuzzicare l’appetito in piccole dosi, fettine o pani ovoidali crosta e mollica. Sua peculiarità non evidenziata: si afferra con le dita e lo si porta in bocca in una tavola in cui la posata è indicatore sociale, eleganza conviviale, dogma della buona creanza; ma c’è la signora che l’uovo di pane punge con la forchetta, rassegnandosi invece con le tartine. Niente buffet né rinfreschi in uso nei ricevimenti e nelle feste in cui regna la libertà di assaggiare, nutrirsi, bere a mano libera, senza due commensali, l’uno a destra e l’altro a sinistra che ti osservano.